Curare il mondo con Simone Weil – di Tommaso Greco


Non è facile parlare di giustizia in un momento così delicato e difficile quale è quello che stiamo vivendo.

In generale, non lo è per la fatica che si fa, in un tempo come questo, a dare ancora credito ad un concetto che rimane ormai un segno nero di inchiostro su carta ingiallita dal tempo e dalla fatica; in particolare, non lo è per me che faccio ormai una fatica enorme ad orientarmi, già nel mio piccolo, tra le difficoltà incontrate sul mio percorso.

Giustizia e diritto sono due parole che sembrano essere fatte per essere sorelle e, a rimanere in superficie nell’ordine dei pensieri, spesso ci adagiamo sull’idea che il diritto sia la strada, l’unica, a darci credito e adito nelle situazioni di difficoltà.

Siamo assuefatti ad un modello che associa il concetto di giustizia alla legge scritta, quella della benda, della “legge uguale per tutti” che vuol dire tutto, ma che, nella consistenza dei fatti, non vuol dire nulla.

A ben vedere, infatti, questo pensiero è un pensiero che rimane superficiale e di comodo. Perché non sempre, purtroppo, ciò che è giusto è necessariamente legale. E viceversa. 

Soprattutto viceversa.

Specie se si tratta di cose giuste ma non “quantificabili” da una serie di regole scritte, quando le situazioni vanno oltre la percezione razionale non c’è diritto che possa mettere a norma le cose, non c’è bilancia che possa dare quell’equilibrio che va oltre il normale sentire.

La giustizia, come ci insegna Simone Weil, non è necessariamente una regola scritta e decisa da un codice che non può avere contezza di ogni singola circostanza che prevede altre verità, altri pensieri, altri aspetti: l’aspetto umano in primis.

Lei questo la aveva capito bene. E non solo lo aveva capito, ma ne aveva fatto il suo modo di essere, di agire, di approcciarsi alla vita e al pensiero che muoveva ogni sua azione. La sua riflessione sulla giustizia non è solo un’analisi filosofica, ma un grido di passione contro le ingiustizie del suo tempo, che manifesta, tra le altre cose, con la militanza politica e con la partecipazione e l’impegno a favore dei lavoratori e dei più deboli.

E il suo tempo, quello in cui vive la Weil, assomiglia molto, per molti aspetti, al tempo che viviamo oggi: un tempo che vede un’Europa soffocata da una forte crisi economica, dalle conseguenze di una pandemia, da sovranismi e nazionalismi, da inflazione e povertà, da guerre feroci e soprattutto da ciò che è una conseguenza diretta di tutto lo sconforto che situazioni di questa portata hanno il potere di innescare: una crisi sociale che si traduce in un eccesso di conformismo, nella penuria di una riflessione morale che sembra essere diventata un aspetto marginale, quasi accessorio e inutile, logica conclusione di una perdita inesorabile della dimensione spirituale e triste sconfitta del concetto di solidarietà umana.

La rivoluzione dell’umano

Restiamo umani.

Quante volte in questo nostro tempo malato abbiamo sentito e sentiamo ripetere questa frase, quasi come un mantra che si fa esortazione a voler guardare in faccia qualcosa che sembra essersi dissolto, fagocitato dall’abitudine ad una indifferenza che cammina a braccetto con l’assuefazione a certi comportamenti. Tutto ci scorre davanti, prendendo direzioni sempre più impersonali e individualiste, e nessuno ha più la capacità, e nemmeno il sentire, di mettersi di traverso per arrestare certi meccanismi. O quantomeno provarci.

Abbiamo un bisogno enorme di curare il mondo, come ci dice Tommaso Greco in questo saggio che, al pari di quella frase che ci chiede di provare a soffermarci sulla parte umana che ancora sopravvive in noi, ci esorta a leggere, a capire e a sentire profondamente il pensiero di Simone Weil.

Un pensiero la cui disobbedienza incarna l’idea che a volte l’individuo deve resistere alle leggi ingiuste dell’autorità e abbracciare una legge più profonda e universale, basata sulla moralità e sulla coscienza.

Per la Weil esiste una sola forza, l’unica in grado di contrastare quella che contempla esclusivamente la legge della potenza e della prepotenza, ed è la carità, o la mitezza per dirla come lo direbbe Norberto Bobbio, il cui potere risiede proprio nel trovare strade nuove, diverse, per procedere su direzioni che da quella forza diano la possibilità di scostarsi completamente.

Una rivoluzione, la sua, che richiama al senso dell’umano, che spinge all’azione attraverso il superamento dell’egoismo e dell’individualismo, e che rifiuta la forza come strumento primario per la risoluzione dei conflitti. Una rivoluzione che diventa un invito alla ribellione morale e che traduce il significato di una giustizia che fonda le sue basi su un modello che la vede rappresentata come una donna bendata che tiene in mano una spada e una bilancia, in comprensione, compassione, empatia. Un atto di disobbedienza civile e di obbedienza a un principio superiore, che si riflette nella sua lotta per la difesa dei diritti umani e nella critica delle disuguaglianze sociali, e che si risolve con un’etica della debolezza intesa come contenimento della forza e esercizio di concetti come obbligo e responsabilità che, indipendentemente da ogni vincolo giuridico, possano guidare l’azione verso il bene.

Come un’Antigone moderna

L’intensità con cui la Weil ha vissuto la sua vita la possiamo percepire non solo da ciò che ha scritto, che è pur sempre un’ eredità preziosa a cui possiamo attingere, ma soprattutto dal fatto che tutto quello che ha scritto e che ha fatto è stato compiuto in pochissimi anni, considerando che la sua breve vita ha visto la fine quando di anni ne aveva solo 34 anni.

Un’intensità che si può facilmente rintracciare nelle parole e nel pensiero, e in una teoria filosofica la cui forza è data, soprattutto, dall’intenzione e dal bisogno di impregnarla di una dimensione pratica, vera, reale, mettendosi nei panni di quegli ultimi a cui voleva dare credito e attenzione, per attuare concretamente la sua idea di giustizia. sociale.

Come un’Antigone moderna, la Weil non rinuncia alla ricerca di un principio che si opponga ad un sistema giuridico che contempla null’altro che l’autorità della forza, ribellandosi a quel dominio che rischia di azzerare la moralità e la dignità umana. Un principio capace di soffermarsi sulla sofferenza, sui bisogni, sulla compassione: su quella vocazione al bene che occupa ancora una parte rilevante e influente nel cuore degli uomini e che ci ricorda che la legge umana non sempre coincide con la giustizia morale e che ogni individuo ha il dovere di agire secondo la propria coscienza.

Tutti elementi, quelli che circoscrivono il pensiero e le azioni della Weil, che possono aiutarci ad affrontare e capire questo nostro presente, così caotico e divisivo e carico di livore e risentimento, e farsi faro nel buio dell’incertezza del futuro e far sì che si possa imboccare una strada che sia più autentica e che ci spinga a considerare sempre di più quella parte spirituale che sembra essersi persa.

In un mondo che predilige troppo spesso la forza, Simone Weil ci ricorda che la vera forza risiede nella capacità di abbracciare la verità con coraggio e di agire con compassione.

Un’eredità enorme, rivoluzionaria, che Tommaso Greco in questo saggio ci chiama a considerare, o riconsiderare, per attuare una riflessione profonda che ci guidi verso una visione rinnovata del concetto di giustizia: che sia quella dei tribunali o, ancora di più, quella dell’umano sentire che ci interroga tutti i giorni, in ogni circostanza e in ogni grande o piccola azione che ci troviamo ad affrontare, è necessario che possa contemplare la forza della compassione come guida etica e la necessità di una non-violenza attiva per costruire una società giusta.

Emanuela Gioia


TITOLO Curare il mondo con Simone Weil

AUTORE Tommaso Greco

EDITORE Laterza

ANNO DI USCITA 2023

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