Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
m entre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Eugenio Montale – da “Ossi di seppia”, 1925
La Ricerca della Tranquillità Interiore
Una vita ridotta come Ossi di seppia: arida, inconsistente, superficiale, il cui esilio spirituale e psicologico diventa forse l’unico modo per sottrarsi all’incedere della sua frenesia.
E Montale ci prova a trovare quella pace interiore, osservando il mondo dal di fuori per provare ad accoglierlo, nonostante le molte incomprensioni per un mondo caotico e alienante
Viviamo un tempo in cui la distrazione, l’ansia, la frenesia hanno uno spazio ormai fin troppo esteso nelle nostre vite. La ricerca di momenti di pace e serenità è diventata faticosa e impegnativa: una sorta di miraggio, a cui aneliamo senza nutrire troppe speranze.
“Meriggiare pallido e assorto” di Eugenio Montale ci aiuta a prendere le misure di certa frenesia, facendoci assaporare quel momento di pace in cui corpo e mente si uniscono nella contemplazione della bellezza come cura per l’anima. Una contemplazione che diventa osservazione attenta dell’essenza della vita attraverso momenti di tranquillità e riflessione, necessari per potersi riconnettere con il mondo esterno. Una connessione profonda, dolce, lenta, che ci allontana dal tumulto della vita frenetica e ci avvicina sempre di più a noi stessi e ai luoghi più nascosti del nostro io più profondo.
E.G.