Caro Pier Paolo.

L’amore amicale tra Pier Paolo Pasolini e Dacia Maraini

Dacia Maraini fu molto amica di Pierpaolo Pasolini.

Sebbene non ricordi precisamente quando la loro amicizia avesse preso forma, sapeva che certamente doveva essere nata in quel luogo di ritrovo di tutti gli intellettuali del tempo che era il caffè Rosati in Piazza del Popolo, a Roma. Era lì che, negli anni ’60, si incontravano in maniera abituale gli intellettuali. Bastava andarci in alcuni orari stabiliti dall’abitudine di tutti, per incontrare, tra gli altri, anche Pasolini, che Dacia definisce “bello come il sole”, affascinante pur nella sua piccola statura.

Pasolini era nato nel 1922 e nel 2022, per i 100 anni dalla nascita, di scritti su di lui ne sono nati a dismisura. Quando Roberto Cotroneo chiede a Dacia Maraini di scrivere delle memorie su Pier Paolo, lei dice no, d’istinto, ma poi decide, invece, di raccontare gli aspetti più intimi e fraterni che aveva avuto la fortuna di vivere grazie alla loro amicizia.

Un uomo gentile, “enigmatico e principesco”.

Era una persona dal carattere mite, Pier Paolo, sempre pacato e gentile, e allegro anche quando, apparentemente, si mostrava aggressivo, o rabbioso, o arrogante e provocatorio. È questo che viene fuori dalle 27 lettere che Dacia Maraini decide di scrivere per provare a rievocare tutti quei momenti vissuti insieme, di felicità e complicità intellettuale, e a raccontare quella parte un po’ più privata, fino ad ora tenuta per sé nello scrigno della memoria e dei ricordi.

Una memoria che mette in luce quei momenti della loro amicizia fatti di condivisione: di pensieri, di viaggi, di riflessioni sul senso della vita e sulle cose del mondo per le quali, spesso, non si trovavano in accordo, ma che diventavano uno scambio costruttivo e profondo.  

Dacia Maraini usa l’espediente del sogno per mostrare il Pasolini uomo in tutta la sua fragilità, le cui prese di posizione, spesso, erano apparentemente piene di contraddizioni, ma che lui sapeva sempre, con quella sua dialettica elegante e puntuale e delicata nel ragionamento, spiegare e illustrare bene così come le sentiva e le viveva nella carne.

Sono lettere in cui traspare un amore amicale di quelli che nulla può intaccare, nemmeno la morte, in cui il desiderio di quel confronto appare ancora vivo, anche dopo 50 anni da quel tragico giorno del 1975. Dacia sogna spesso Pier Paolo e ogni sogno diventa un quesito che apre questioni rimaste in sospeso, specie quella più eclatante, rimasta incastrata in una coltre spessa di omissioni e bugie, della sua morte. Una vicenda che Dacia continua a vivere con un senso di colpa che traspare dalle parole mortificate di chi, a distanza di anni, sente di non aver fatto abbastanza per riscattarne le colpe e la verità.

Sono riflessioni fatte ad alta voce, come se Pier Paolo fosse ancora vivo; come se, in quel parlargli in maniera diretta, potesse ancora trovare risposte o confronti, come accadeva nelle sere passate nella casa al mare a Sabaudia, o durante i loro tanti viaggi fatti insieme.  Una impasse di lettere rispedite al mittente, in cui ogni domanda, ogni reminiscenza di opinioni avvenuta in tempi passati e ogni interrogativo sulle cose di oggi, rimane cristallizzata, tra i ricordi e la nostalgia, in una immagine di bellezza e felicità, nonostante tutto.

Emanuela Gioia

Articolo già pubblicato, in forma ridotta, sul blog di Next Audiolibri

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